About Gallu’

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Gallù, adolescente, muove dai mari lontani della Magna Grecia, la costa calabra, per approdare su quella degli Etruschi. Non ha mai letto Omero, anzi, forse non ha mai letto; di Ulisse ha sentito qualcosa, ma non gli è chiara la storia; un giorno, tuttavia, mentre guardavamo il mare durante un tramonto d’inverno, sul litorale di Capalbio, mi dice: “Sogno sempre di essere stato portato qui dalle onde abbracciato ad un tronco di calizzo” (Per “calizzo”, poi ho appreso, devesi intendere eucaliptus). Niente d’altro se non l’inizio di uno dei suoi lunghi silenzi.

Gallù porta con sé i saperi della sua terra e niente d’altro. In Maremma apprende l’arte del legno e quella di sopravvivere senza la disperazione di un tempo: solo, semplicemente, lavorando. E in questa nuova terra magica, dove basta lavorare per vivere, il mare diventa ispirazione e sostegno.
E al mare, quindi, Gallù si rivolge per trovare la sua strada.

Ora Gallù realizza i suoi mobili originali anche ricercando i legni che le tempeste restituiscono alla terraferma. Nelle nostre lunghe passeggiate in spiaggia, dopo ogni burrasca, cerchiamo i doni del mare. Si discute sulle qualità di ogni pezzo di legno e sul suo destino. Poi ci pensa Elia, l’apprendista rumeno (ché italiani non se ne trovano), che carica Arturo, il vecchio e sgangherato furgone. Io e Nino continuiamo a passeggiare. Passeggiare e cercare.

Arturo, il furgone, invece, è indifferente alle qualità. Lui ragiona solo di peso e volume, ma sono cataste di olmo, olivo, ceraso marino, pioppi e quant’altro che Gallù porta a casa. Accade così che i legni africani si uniscano a quelli spagnoli per realizzare una cornice, un tavolino, un letto o chissà cos’altro.
Sostiene Gallù che è il legno medesimo a chiedere di diventare qualcosa. A lui resta solo da interpretarne la voce: il resto è solo manualità.